Corte di Cassazione, Sez. I Civ., n. 969/2017
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza resa in grado d’appello con cui era stato riconosciuto, sussistendo i requisiti dell’art. 5 legge 91/1992, l’acquisto della cittadinanza italiana in capo alla moglie, originariamente cittadina straniera, coniugata con il marito, cittadino italiano.
Ha precisato la Corte di legittimità che, poiché nei sei mesi successivi al matrimonio, non si era avuto né annullamento, né separazione, né divorzio, la cittadinanza doveva ritenersi acquisita da parte della moglie, ancorché la stessa fosse separata, ma solo di fatto.
L’interpretazione della norma, secondo la Cassazione, si ritiene chiara: il legislatore non ha fatto esplicito riferimento alla circostanza della separazione di fatto quale circostanza ostativa all’acquisto della cittadinanza per matrimonio, anche perché a tal fine l’art. 5 della l. 91/1992 contempla unicamente le ipotesi di annullamento, separazione, divorzio.
Si tratta di una interpretazione coerente non solo con la lettera e lo spirito della disposizione, ma anche con il sistema.
Infatti, laddove il legislatore ha voluto dare rilevanza giuridica alla separazione di fatto, ha dettato altrove specifiche disposizioni in tal senso, come ad esempio nella normativa delineata dalla l. 184/1983, che esclude la possibilità di ottenere l’adozione legittimante per le coppie coniugate ma separate anche solo di fatto.