Note integrative in materia civile
La difesa d’Ufficio dei genitori nelle procedure di adottabilità così come introdotta dalla Legge n. 149/2001 pone seri problemi deontologici per l’avvocato nominato che per diversi motivi (irreperibilità, rifiuto di partecipare al procedimento, grave infermità psichica ecc…) non abbia il mandato conferito dalla parte che è chiamato ad assistere.
Ai sensi del novellato art. 8 Legge n. 184/83 così come modificato dalla Legge n. 149/2001 “Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10”. Il successivo art. 10 precisa: “All’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie”.
Contrariamente ai procedimenti penali ove la difesa d’Ufficio è compiutamente normata anche nel caso di imputati irreperibili e dove il controllo della regolarità formale e sostanziale del processo coincide con il diritto di difesa garantito dalla costituzione, nelle procedure di adottabilità il silenzio del legislatore – che ad eccezione dei due articoli citati null’altro specifica – mette in seria difficoltà l’avvocato chiamato a questo delicato compito di rappresentanza.
Nella pratica accade che taluni genitori coinvolti in questo tipo di procedure non vogliano partecipare al giudizio e, di conseguenza, non intendano rilasciare alcun mandato all’avvocato che, a volte, rifiutano persino di incontrare. Altre volte non hanno neanche notizia dell’apertura della procedura perché di fatto o anagraficamente irreperibili.
L’assenza di mandato non consente di rappresentare in giudizio la volontà – e dunque il progetto – dei genitori rispetto al loro bambino. Volontà che potrebbe essere persino abbandonica ovvero di adesione ad un progetto di affido temporaneo e che, in caso di irreperibilità, non è materialmente possibile raccogliere.
In queste condizioni l’avvocato si trova costretto a decidere se e quali conclusioni ed istanze istruttorie formulare con il rischio reale di danneggiare il proprio assistito (ad esempio la richiesta di indagini demandate ai servizi sociali nazionali o internazionali per verificare le condizioni di vita del nucleo familiare potrebbe innescare altri procedimenti di adottabilità). Né la sua presenza per il mero controllo formale della procedura troverebbe fondamento nel principio del diritto di difesa posto che non soltanto alcuna norma obbliga una parte a partecipare ad un procedimento di natura civile o di volontaria giurisdizione neppure se convenuta in giudizio ma, soprattutto, anche laddove l’avvocato rilevasse un vizio formale tale da inficiare il procedimento secondo recente giurisprudenza (cfr., Corte D’Appello di Milano n. 6/2012) non avrebbe legittimazione all’impugnazione proprio per l’assenza di mandato.
Peraltro, le norme deontologiche attualmente in vigore non appaiono sufficienti a dare una risposta univoca al comportamento da tenere: l’art. 11 precisa che “L’avvocato deve prestare la propria attività difensiva anche quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti” ma le leggi vigenti prevedono solo la sua nomina e non disciplinano il caso della mancanza di mandato, mandato che, ai sensi dell’art. 36 assume particolare rilevanza (“L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi deontologici”) ancor più cogente nei casi di difesa d’ufficio. L’art. 38, infatti, prevede non solo che “Costituisce violazione dei doveri professionali, il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita”, ma anche che “Il difensore d’ufficio deve assolvere l’incarico con diligenza e sollecitudine”.
La domanda che si pone con maggiore urgenza è, dunque, a quali principi deontologici debba ispirarsi l’avvocato nominato d’ufficio nelle procedure di adottabilità difensore di genitori che non vogliano o non possano conferire mandato. In particolare se, in queste situazioni, sia legittimo astenersi dal precisare le conclusioni, non richiedere attività istruttoria limitandosi a leggere gli atti e partecipare alle fissate udienze oppure si debba comunque costituirsi in giudizio pur in assenza di mandato opponendosi all’adottabilità dei minori supponendo così di fare l’interesse del proprio assistito che, laddove venisse tardivamente a conoscenza della procedura, potrebbe imputare all’avvocato di non aver fatto il possibile per difendere i suoi diritti di genitore.